mercoledì 26 maggio 2010
11 Settembre 2001
Prima parte.
Erano le 8,35 e l’inizio del lavoro era fissato per 9,00.
Ero salito al 107° piano a fare colazione e adesso ero ridisceso al 87° piano della torre nord, dove si trova il mio ufficio.
La giornata fuori era splendida e questo mi ha spinto ad andare alla finestra a guardare il panorama, che ormai vedevo da anni. Sotto di me vedevo solo formichine che correvano in ogni dove.
Dal 107° piano fino all’ultimo che’è il 110° si poteva godere una vista mozzafiato - dicevano le guide - ma i nostri uffici avevano finestre rimpicciolite da una presenza di gabbie metalliche interne che supportavano la struttura. Quelli situati lungo i molti corridoi interni, prendevano luce da un grande cielo di plastica che sovrastava il centro della torre.
In ufficio erano arrivate già centinaia di persone, ma i miei più intimi non erano ancora giunti, ed ecco il motivo per cui stavo riguardando il panorama, che invece di farmi sentire libero mi opprimeva. Quasi ogni mattino facevo le stesse cose, e quand’ero alla finestra, non guardavo, ma pensavo a cosa avrei potuto fare se non fossi stato costretto a stare in quel posto. Non è che il mio lavoro non mi piacesse, anzi, ma quando mi mettevo a pensare al lavoro che mi sarebbe piaciuto fare, chissà perché mi venivano in mente sempre lavori dove potevo contare su larghi spazi, come il pescatore, il montanaro, il cercatore di funghi, od il pastore di un gregge di pecore. Alle 8,45... Voi vi starete chiedendo perché alle 8,35 avevo già fatto colazione e mi trovavo già nel mio ufficio quando l’inizio del lavoro era fissato per nove? Adesso vi accontento. Perché mia figlia Susy di 14 anni, deve entrare a scuola alle 8,00 al Greenwich Village e trovandosi questi, sulla mia strada, ogni mattino gli do uno strappo. Contenti?
Dicevo, alle 8,45 è arrivato George con Helen e solo allora sono ritornato al mio posto. Ho steso la mano a George augurandogli una buona giornata, mentre ad Helen l’ho baciata sulle guance, come facevo ogni mattino. E’ passata Gloria, una mia collega che ha la scrivania poco distante dalla mia, e da lontano mi ha mandato un bacio. Poi sono entrati assieme una trentina di persone fra cui c’era Justine, la mia vicina di scrivania…e la mia preferita. Ci siamo abbracciati e stavamo parlando delle solite cose mattutine, quando abbiamo sentito un rombo d’aereo in avvicinamento. Abbiamo subito pensato che si trattasse di un’emergenza, perché su Manhattan lo spazio aereo è chiuso, quindi in molti sono andati alle finestre, spinte dalla curiosità, per vedere con i propri occhi chi era che produceva quel rumore insolito, per quel luogo. Io e Justine abbiamo approfittato di quell’attimo di “solitudine” e ci siamo baciati più convenevolmente. Per l’orologio dell’ufficio si erano fatte le 8,48. Il rombo del motore si sentiva sempre più vicino, ma dalle finestre del nostro piano non riuscivano a vedere niente. Ad un tratto, c’è stato uno schianto spaventoso, e la torre ha iniziato ad oscillare di metri in tutte le direzioni. Io e Justine,
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