Seconda parte.
Io e Justine abbiamo approfittato di quell’attimo di “solitudine” e ci siamo baciati più convenevolmente. Per l’orologio dell’ufficio si erano fatte le 8,48.
Il rombo del motore si sentiva sempre più vicino, ma dalle finestre del nostro piano non riuscivano a vedere niente. Ad un tratto, c’è stato uno schianto spaventoso, e la torre ha iniziato ad oscillare di metri in tutte le direzioni.
Io e Justine, per nostra fortuna, siamo stati scaraventati, abbracciati, come ci trovavamo, verso il lato libero dell’ufficio, e quindi non urtando niente di duro nella corsa, ci siamo rialzati immediatamente senza subire danni. Poi, mentre le oscillazioni continuavano, ma sempre più lentamente, ci siamo sostenuti a vicenda per non cadere.
Tutti gridavano e scappavano verso le scale mobili e quelle d’emergenza, visto che gli ascensori dovevano essere certamente fuori uso, o lo sarebbero diventato per una successiva interruzione di corrente elettrica. Anche le scale mobili potevano non funzionare, per la stessa ragione, ma la differenza sta nel fatto che anche senza elettricità, le scale mobili sono pedonabili e non si resta incastrati. A tale scopo, gli addetti alla sicurezza, cioè quelli che una volta venivano chiamati “Pompieri” ci avevano sottoposto a molte prove di sgombero, e ribadito che in caso di pericolo, in nessun caso era conveniente prendere l’ascensore, perché, anche se momentaneamente funzionanti, poteva sopravvenire un’interruzione d’elettricità e si poteva restare bloccati.
In quel momento in molti si erano dimenticati delle lezioni ricevute, e si dirigevano sul lato opposto, con la speranza di trovare gli ascensori funzionanti, come se “quell’altro lato” non facesse parte dello stesso fabbricato e non rientrasse nelle stesse norme di sicurezza.
Dalla finestra si vedevano cadere calcinacci e qualcosa che bruciava.
Justine voleva andare a cercare suo marito e suo fratello che lavorano a due piani sopra di noi. Io gli dicevo che forse sarebbe stato più opportuno se non si fosse mossa dal suo posto, perché era più pensabile che sarebbero venuti loro a cercarla, trovandosi nella via di fuga. Difatti siamo usciti nel corridoio verso le scale ed abbiamo già trovato centinaia e centinaia di persone che si riversavano come ossessi verso i piani inferiori.
Nel mentre ci guardavamo in giro, abbiamo intravisto Alex, il fratello di Justine che veniva verso l’ufficio della sorella, e avendola scorta, si sbracciava per essere a sua volta visto fra quella marea di gente che lo trascinava. Non so come, ma con una fatica enorme, è riuscito a non farsi trascinare da quel fiume in piena, ed è venuto verso di noi. Justine ha chiesto notizie di Victor, suo marito, ma Alex ha detto di non averlo visto, né in ufficio e né di scendere, ma che non si doveva preoccupare, perché Victor, aveva l’abitudine di andare a scambiare due chiacchiere con i suoi vecchi colleghi di un tempo che si trovavano al 70° piano e forse, anche volendo, con quella calca che c’era per le scale, gli sarebbe stato impossibile salire da lei. Lei non se la sentiva di scendere, solo sulla parola di suo fratello, ed ha voluto andare a constatare di persona. Tanto ha detto: “sono solo due piani!” Alex l'ha seguita. Non l’ho più rivisti. Speriamo che si siano salvati!
Come si poteva immaginare, eravamo senza elettricità e le scale mobili erano ferme, ma la visibilità era assicurata dall’andata in funzione dell’impianto d’emergenza. Ho iniziato la mia discesa cercando di non farmi trascinare dalla folla, ma era impossibile, allora mi sono messo in un cantuccio ed ho aspettato che la massa più grande passasse. Dagli ascensori a due piani, che possono trasportare fino a cento persone per volta si sentivano grida di aiuto e urla lancinanti. Qualcuno, forse appartenente al settore tecnico sbatteva sulle porte con un oggetto metallico per essere sicuro di essere sentito, ma inutilmente, le porte erano bloccate e noi anche volendo non potevamo fare niente per tirarli fuori. Era roba da esperti, ma da come vedevo muovere le persone, si capiva che se anche avessero saputo e potuto, non lo avrebbero fatto: ognuno pensava solo a se stesso!
In tutto l’edificio c’erano 120 di quelle trappole in funzione, e quello era il momento in cui viaggiavano a pieno carico, per l’approssimarsi dell’ora d’inizio lavoro. Ero in mezzo ad una folla che cercava disperatamente di mettersi in salvo, ma ancora non sapevo cosa fosse realmente successo. La cosa più probabile era che quell’aereo di cui avevamo sentito il rombo dei suoi motori, ci era piombato addosso e si era incendiato. Passata la marea, ho iniziato la mia discesa… Ecco può darsi che Justine ed Alex siano passati nel mentre mi sono fatto da parte. Speriamo! Una targhetta mi diceva ch’ero al 79° piano.
La mia quasi calma era dovuta al fatto che essendo stati colpiti i piani superiori, potevamo esseri certi della stabilità della torre, ed il fuoco era troppo lontano per poterci offendere. Poi, siccome non sono un atleta e non frequento nessuna palestra per mantenermi in forma, ho pensato di prendermela calma. Chi avrebbe mai pensato di scendere a piedi 87 piani? Qualcuno ci aveva mai provato? Quanto tempo aveva impiegato?
C’erano grida continue ed una polvere sottile che rendeva difficoltosa la respirazione. Ho cercato di prendere un fazzoletto dalla tasca dei pantaloni, per coprirmi la bocca, ma ho trovato solo un pacchetto di Clinex. Ho maledetto mentalmente questa moda americana, divenuta poi mondiale, ed avrei tanto desiderato di trovare in tasca i fazzolettoni che mia madre mi aveva dato come corredo quando me ne andai a vivere da solo.
Visto che non c’era di meglio, ho tirato fuori i Clinex, e li ho bagnati sotto una pompa d’emergenza che qualcuno, sceso prima di me, aveva svegliato dal lungo letargo dovuto ad anni d’inattività, e più per la fretta che per dimenticanza, non aveva più rimesso al suo posto: “Emergency Fire” dipinto d’arancione.
Aveva lasciato che l’acqua scorresse quel tanto che chi ne avesse avuto bisogno, potesse bagnarsi. Grazie amico!
Molti mi sorpassavano. Erano più giovani o avevano più paura, diciamo premura, per non voler sembrare un eroe senza paura. Sentivo suonare un campanello: forse era uno di quelli che alle nove, invitava i dipendenti di quel piano ad iniziare il lavoro. Vedevo gente, che come nulla fosse successo, camminava comodamente per i corridoi e quasi sorrideva di tutta quella gente che per un “nonnulla” si slanciava per le scale come femminucce.
Forse quell’atteggiamento era giustificato dal fatto che essendo 15 piani più sotto, al nostro piano, che poi non era il piano dell’esplosione, altrimenti non starei qui a raccontarvi la discesa, non avevano sentito lo stesso schianto dell’aereo e la torre non avrà avuto le nostre stesse oscillazioni. Ero arrivato al 64° piano in dieci minuti. Ho fatto un rapido calcolo e sono arrivato, alla conclusione, che con quel passo, aggiungendo le pause per riprendere fiato, più qualche fermata per aiutare qualcuno in difficoltà, e calcolando che ai piani inferiori avrei incontrato un numero maggiore di persone, ci avrei messo ore per uscire da quel palazzo. Non è che avessi qualche appuntamento urgente, ma io sono il tipo che quando inizia una cosa, la vuol portare a termine il più presto possibile, e questa era una di quelle occasioni in cui il più presto possibile è di rigore.
Mi son fatto forza mentalmente ed ho aumentato l’andatura: senza però passare sulla gente a spintoni e fare quei fastidiosi zig zag come fanno gli automobilisti in autostrada. Al 60° piano ho sentito un brivido salirmi dalla schiena. Mi ha sorpassato una donna completamente nuda, con la pelle come una patata bollita. Doveva essere in stato di choc; aveva gli occhi spiritati e nonostante le sue condizioni scendeva molto più speditamente di me senza emettere un che minimo lamento. Avrei voluto aiutarla, ma mi chiedevo cosa potevo fare. Nelle sue condizioni avrei avuto anche paura di toccarla. La gente vedendola, automaticamente si rimpiccioliva e si scostava di lato per farla passare. Mi sono accorto che la mia andatura era aumentata, dal fatto che adesso ero io che riuscivo a sorpassare qualcuno. Al 50° piano le mie gambe hanno preteso una pausa e mi sono seduto sui gradini di una scala laterale, per non essere d’impedimento a chi doveva scendere… e più, per non essere schiacciato dalla massa che scendeva come tori impauriti. Dopo qualche attimo, una ragazza si è seduta accanto a me piangendo, e senza dire una parola, ha appoggiato la testa sul mio petto, come forse neanche mia figlia avrebbe fatto.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento